Per più di un anno le consuete opere di pietà e di carità proseguirono senza sosta, finché, in occasione del Giubileo del 1550, San Filippo, vedendo l’immenso numero di pellegrini che giungevano a Roma da Paesi lontani per visitare le Basiliche dei Santi Apostoli e lucrare le indulgenze concesse dal Sommo Pontefice, propose a tutta la Confraternita di occuparsi di queste persone che, oltre ad essere affaticate e stanche per il lungo viaggio, molto spesso, non avendo un posto dove dormire ed alloggiare, sostavano sotto i portici o per le strade.

 

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Papa Giulio III

Il decimo Giubileo fu indetto da Paolo III, che però morì nel 1549. Così il 7 febbraio 1550 il Papa Giulio III, con la bolla Si Pastores Ovium promulgò il decimo Giubileo. Questo Giubileo venne aperto il 24 febbraio 1550, con l’apertura della Porta Santa di San Pietro, e si concluse il giorno dell’epifania del 1551. Il notevole afflusso di pellegrini causò non pochi problemi di assistenza, cui provvide in modo particolare San Filippo Neri con la Confraternita della Santa Trinità, un ospizio che ospitava fino a 600 persone al giorno. A questo Giubileo partecipò anche Igazio de Loyola, fondatore dei Gesuiti. Inoltre il 14 novembre 1550 il Papa ordinò la riapertura del Concilio di Trento per il primo maggio 1551.

 

La proposta fu approvata con grande entusiasmo da tutti i Fratelli e fu subito presa in affitto una piccola casa, dove vennero accolti ed alloggiati un certo numero di pellegrini, fornendo loro anche il vitto necessario. Ma poiché tale luogo non bastava a contenere il gran numero di pellegrini, la Confraternita ottenne gratuitamente da donna Elena Orsini un sito nella zona delle Terme Agrippine, presso l’arco della Ciambella, dove fece costruire una cappella ed accolse donne e uomini giunti in città per il Giubileo. Quando neanche questo luogo bastava ad accogliere i pellegrini, i Fratelli e le Sorelle li portavano nelle proprie case.

Inoltre, San Filippo, conoscendo l’animo umano, per evitare che: «il Demonio tentasse i nuovi Fratelli, e gli provocasse a vana gloria, volle ben egli, che per armarsi, per quanto potessero, contro sì pericolose insidie, ed in segno ancora di penitenza, si vestissero tutti di un sacco di tela, a cui per cuoprirsi il viso, almeno ne’ luoghi pubblici, fu aggiunto un cappuccio».

Fu deciso che l’abito dovesse essere di colore rosso per due motivi: per denotare l’ardore della carità che deve accendere il cuore dei Fratelli nell’esercizio di tale virtù verso il prossimo, e per ricordar loro che devono anche essere sempre pronti a spargere il loro sangue, a dare la vita, per la confessione della vera fede in Gesù Cristo. A completare l’abito fu aggiunto un cordone per cinge i fianchi, segno della continenza.

 

Con tale abito indosso, San Filippo ed i primi Fratelli cominciarono ad assistere i poveri pellegrini e le pellegrine nel suddetto Anno Santo. Ecco come si svolgeva il loro servizio:

«Vedevansi le Sorelle non meno, che i Fratelli fare a gara per servire ciascuno il suo Pellegrino, conducendogli tutti nel luogo, ove con somma carità lavavano loro i piedi, che rasciugatili baciavano con grande umiltà. Dopo ciò fattigli sedere a mensa, gli servivano colla maggiore attenzione, ed affetto, e finalmente recitando divore preci gli conducevano a riposare ne’ letti già preparati, lodando, e benedicendo il Signore per aver somministrato ad essi li mezzi di esercitare tante opere di carità. La mattina poi seguente con la stessa carità, e divozione gli conducevano processionalmente a visitare i luoghi santi, come anche non mancavano di dirigere pel loro viaggio tutti quelli, che partivano da Roma».

 

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